Paolo Giansiracusa

nel numero 5/1998 Quaderni del Mediterraneo
 
ricorda Armando Tantillo,
 
pittore,
 
così:

 

 

La parabola artistica di Armando Tantillo è vasta e complessa. Essa copre un arco temporale di oltre qurant’anni; del 1957 è infatti la sua partecipazione alle mostre di pittura di Catania, città in cui aveva compiuto gli studi artistici.

La sua carriera è caratterizzata da una lunga serie di avvenimenti che spesso vedono l’Artista al centro di quel dibattito culturale che ha orientato l’arte italiana del Novecento verso il rinnovamento espressivo.

Spinto alla pittura da una forte vocazione interiore è  a  Siracusa a contatto con i pittori Italia, Cortese e Cassia, e con gli scultori Migliara e Lauretta, che mette a punto le sue scelte formali e struttura il suo linguaggio cromatico-segnico.

Nella pittura dei Fauves e degli espressionisti tedeschi trovo' quella linfa espressiva che animo' la sua ricerca.

Partendo dai colori e dai volumi primari di Cezanne, il giovane Tantillo attraversò il sogno pittorico di Matisse e di Kirchner, fino a giungere alle figure magiche di Kokoschka.

Il contatto con i maestri catanesi degli anni cinquanta lo portò a riempire di luce i suoi spazi verdi, spingendolo verso quella dimensione di serenità mediterranea che sarà caratteristica costante di tutta la sua opera.

Paesaggi lacustri, luoghi di ninfe e di miti, campagne siciliane e casolari antichi, già nella pittura giovanile compariranno per aggregare in una rigorosa sintesi gli elementi della visione: la luce, la materia, il gesto, l’espressione.

Con le sue opere cariche di passione e di sentimento raccontò i segreti che muovono il mondo dei miti antichi e quella dimensione del sogno che interessa le pagine delle fiabe del nostro tempo. Il luogo dei suoi colori è stato un Eden fiorito: un giardino popolato di fenicotteri, una campagna svelata dalla corsa veloce di ninfe e di fanciulle dedite al gioco, uno spazio silvano attraversato dal suono morbido del piffero di un dio pagano che invita all’amore.

Tantillo ha dipinto la frescura delle siepi, l’acqua cristallina delle fonti, i colori delicati delle ville antiche, l’onda schiumosa dello Jonio, il volo leggero degli aironi.

Il suo è un mondo incontaminato che invita al rispetto, un luogo di silenzio che insegna a riflettere, una dimensione magica dove nasce la luce che accende il giorno che viene.

Una luce di verità che aborrisce il nero del vuoto e dell’incomprensione ma rivela con forza, con convinzione le prospettive del divenire, le stesse prospettive in cui l’ingegno e la solidarietà troveranno le linee di sviluppo dell’arte del terzo millennio.

Per tale obiettivo ha lavorato lungamente non solo come pittore ma anche come pensatore ed organizzatore. Nel ritrovo di via Santi Coronati, nella Galleria di Mario  Cuce’, egli era la mente critica del gruppo, l’intelligenza più’ lucida ed espressiva. Il suo ruolo d’artista si è infatti sposato sovente a quello  di promotore e di animatore del dibattito e del confronto intorno ai problemi dell’arte contemporanea. Alla sua energia creativa e al suo entusiasmo operativo, ai suoi stimoli culturali e alle sue sollecitazioni artistiche si deve in buona parte quell’ aggiornamento formale ed espressivo che fa della provincia aretusea una delle realtà più vive dell’arte contemporanea.

Pur col rigore della sua professionalità, riusciva ad offrire ad ognuno uno spazio di confronto e di crescita. Ciò perché era disponibile e semplice, obiettivo e sincero.

Negli ultimi anni dopo la parentesi post-moderna, era ritornato al segno graffiante e alla pennellata veloce, dipingendo aranci ombrosi e palmizi pettinati dal vento dove il sogno prende il volo e insegue gli uccelli esotici, insinuandosi tra i rami e le siepi fitte.

Le ninfe, con lo stesso turbinio con cui si muovono negli scritti di Pausania, sbucano dai cespugli tessuti con intrecci di colore fitto che con tentacoli invadenti graffia il cielo e dipinge i sogni.

Tantillo è stato il pittore più geniale tra gli artisti siracusani dell’ultimo trentennio. Della sua opera pittorica e di quella grafica negli anni futuri se ne parlerà con la profondità di analisi che l’autore merita. La sua pittura terragna e visionaria, esistenziale e storica (come l’ha definita Dario Micacchi) farà discutere molto perché in essa sono contenuti i principi di originalità artistica su cui la critica più avveduta sta gettando le basi per lo sviluppo delle linee espressive del nuovo millennio.

A Siracusa,  alla città che è stata teatro del suo racconto cromatico, non spetta che ricordarlo dedicandogli un’arteria pubblica del centro storico (Ortigia, che tanto amava) e acquisendo le opere pittoriche realizzate negli ultimi anni, destinandole agli spazi di una collezione civica.

 


 

Introduzione al catalogo mostra collettiva

 Progetto Arte-Indagine sul Territorio

 di Paolo Giansiracusa

tenuta al Palazzo Beneventano Del Bosco - Siracusa

5 ottobre – 19 ottobre 1997

 

 

Armando Tantillo è la mente critica del gruppo di artisti che fa parte di questa indagine culturale nel territorio siracusano. Il suo ruolo di pittore si sposa sovente a quello di promotore e di animatore del dibattito e del confronto intorno ai problemi dell' arte contemporanea. Alla sua energia creativa e al suo entusiasmo operativo, ai suoi stimoli culturali e alle sue sollecitazioni artistiche si deve in buona parte quell' aggiornamento formale ed espressivo che fa della provincia aretusea una delle realtà più vive dell' arte contemporanea. Con la sua pittura carica di passione e di sentimento racconta i segreti che muovono il mondo dei miti antichi e quelli che interessano le pagine delle fiabe del nostro tempo. Il luogo dei suoi colori è un Eden fiorito, un giardino popolato di fenicotteri, una campagna svelata dalla corsa veloce di ninfe e di fanciulle dedite al gioco, uno spazio silvano attraversato dal suono morbido del piffero di un dio pagano che invita all' amore. Tantillo dipinge la frescura delle siepi, l'acqua cristallina delle fonti, i colori delicati delle ville antiche, l' onda schiumosa dello Jonio, il volo leggero degli aironi. Il suo è un mondo incontaminato che invita al rispetto, un luogo di silenzio che insegna a riflettere, una  dimensione magica dove nasce la luce che accende il  giorno che viene. Una luce di verità che aborrisce il  nero del vuoto e dell'incomprensione ma rivela con forza, con convinzione, le prospettive del divenire, le stesse prospettive in cui l'ingegno e la solidarietà troveranno le linee di sviluppo dell' arte del terzo millennio.


Dal catalogo mostra "Padania - Etruria - Magna Grecia"

tenuta a Mirandola, San Casciano Val di Pesa, Siracusa

autunno 1988 - primavera 1989

di Paolo Giansiracusa

 

ARMANDO TANTILLO dipinge ormai da diversi anni una sorta di Eden, un paradiso terrestre fatto di colline, di isole, di boschi, di luoghi fatati. Tale scelta rivela in maniera chiara il bisogno dell'artista di calare il proprio essere in un luogo primordiale in cui ancora, nonostante la morsa feroce delle colate in ferro-cemento della nostra civiltà, l'equilibrio dei colori e delle forme e l'armonia dei suoni sono alla base della struttura costitutiva della natura.

 Quello di Tantillo è una sorta di ritorno nelle viscere del creato, in quella dimensione del silenzio ove ogni cosa giace in perfetta simbiosi col contesto che ne rappresenta il grembo.

Lo scenario pittorico delle sue composizioni si apre con la stessa levità cromatica che costituisce la struttura del sogno e l'artista stesso, nel ruolo di primo attore, come chiaramente indicano le figure che portano l'osservatore dentro la scena, invita ad entrare. Il raduno è infatti alla soglia del bosco, là dove lo spazio reale si innesta con lo spazio iconico della fiaba dipinta. La “porta” del bosco è una promessa del piacere, un po' come il sabato leopardiano: il piacere non è dato nel suo “ svolgersi” ma è visto in prospettiva e l'artista infatti non dà l'immagine del godimento ma la proiezione profetica di questa.

Nella promessa del luogo felice il mondo appare come il luogo silenzioso in cui si svolge il viaggio onirico; lo spazio squallido in cui si compie l'esistenza di molti uomini si riempie di vita e si manifesta con i contorni armoniosi fortemente voluti dalla radice dell'inconscio.

L'uomo non altera l'equilibrio vitale  della natura ed infatti entra in punta di piedi rispettando la struttura organica della creazione.

E’ certamente da questa visione ecologica della vita che derivano le sue complesse composizioni pittoriche: uccelli e alberi, fauna e flora uniti in un unico germoglio di vita e proiettati verso il cielo in maniera tentacolare come a volere assorbire frammenti d'azzurro. Così nei suoi studi per l'albero la natura abitata dall'uomo nel contatto col cielo assume un carattere mitico e diviene isola popolata di presenze, giardino rigoglioso, luogo di frescura che invita alla meditazione e al sogno.

Tra gli aranci carichi di frutta e i palmizi pettinati dal vento il sogno prende il volo e insegue gli uccelli esotici poi, come nuvola gravida d' acqua, si insinua tra i rami e spia il gioco delle fanciulle mitiche. Le ninfe, con lo stesso turbinio con cui si muovono negli scritti di Pausania, sbucano dalle siepi tessute con intrecci fitti e avvolgenti, siepi che si innalzano oltre ogni misura e con segno graffiante invadono i colori del cielo.

 Il sogno non si arresta dinnanzi a tale germoglio di forme, esso viene inghiottito dalle fughe profondissime che attirano lo sguardo tra sentieri inestricabili diretti verso casolari di roccia, verso ville antiche abitate dal silenzio. Nelle ultime opere la visione del particolare sembra ridursi per consentire al dipinto di stendersi su una struttura spaziale più ampia basata sulla visione d'insieme. Il limite iconico si fa più labile, la composizione si apre, il colore si arricchisce di sfumature, il segno non taglia più i piani, non scandisce le volumetrie anzi tende a fondere le parti e a generare campiture fortemente dilatate tese ad ampliare il racconto pittorico.

In uno degli ultimi “ racconti” c' è l' albero antico rubato ai giardini delle ville anatoliche; nel fondale Tantillo offre la visione di una collina alla sommità della quale, costruita con linee svelte ed essenziali, appare la “casa del padre”, una villa dal volto tardo-barocco che riporta alla mente le fattorie fortificate dell' Altipiano ibleo. La “Casa” è avvolta nel verde e tra le sue pareti si è rifugiata la memoria del tempo.

 Nella parte inferiore dell' opera una fanciulla “apre” lo scenario ed invita a guardare dentro.

Quelle di Tantillo sembrano ville impossibili, luoghi fatati in vibrante contrapposizione alle piste d' asfalto che soffocano la vita. Per tale ragione l' artista siracusano appare come un eroe attivamente impegnato nell' azione di recupero di quei pochi frammenti del Mediterraneo salvati dall' onda dopo l'ingiusta sferzata distruttrice del nostro tempo; frammenti di un mondo antico il cui nobile volto affiora dai pochi segni ancora leggibili.

L' azione di recupero è svolta seguendo il ritmo poetico che è nelle “corde” creative dell' artista. Per tale ragione non c' è  alcun riferimento specifico ma ogni “racconto” ha dentro l'anima di tante vicende. D' altra parte il canto del poeta non è solo per il suo tempo o solo per la sua gente, è per ogni tempo della storia e per ogni creatura partorita sulla terra.

 


Il dovere di non dimenticare il Maestro Tantillo

Era come un albero con tante foglie-idee

di Paolo Giansiracusa

tratto da:  " La Sicilia",  luglio 2001

 

 Armando Tantillo ha lasciato nella realtà artistica siracusana un' impronta indelebile nella quale è possibile leggere la sua passione profonda per il colore e la sua forte convinzione in merito al mestiere. Artista d' impronta figurativa, si era formato in Sicilia nell' ambiente culturale siracusano ma non mancavano, nel suo linguaggio, riferimenti precisi al contesto artistico catanese dove aveva conosciuto maestri come Nunzio Sciavarrello e Mimì Lazzaro,  nonché  compagni d'arte come i gemelli Brancato e Piero Guccione. Al mare, agli uccelli, al mondo di Friedrich, all' orizzonte lontano erano dedicate le ultime sue opere per le quali, con intelligenza, Dario Micacchi ebbe a scrivere che Tantillo costruisce con una freschezza di sensi e di gesti l' enigma del vivere, dell' essere qui e altrove, dell' avere profondissime radici e del sentirsi flusso.

 Sì flusso, forza dinamica che si muove negli spazi della vita per coinvolgere gli altri, per trovare le affinità elettive, per fare della pittura una poesia colorata. Armando era come un grande albero, con tante foglie e tante idee, con radici profondissime e una memoria antica. Amava Siracusa e i suoi luoghi mitici, la città antica e le acque che la circondano: le acque dello Jonio, le acque dei papiri e di Aretusa, le acque dell' Anapo e delle Ninfe raccontate da Ovidio. Sentiva i limiti della provincia e cercava nella storia le profondità negate dalla quotidianità. Teneva rapporti stretti con operatori artistici, artisti e critici di ogni parte d' Europa; persino in Giappone aveva esposto i suoi pastelli dai colori teneri, dalle linee essenziali e pure. Incisore affermato a livello internazionale era richiesto dalle più prestigiose organizzazioni espositive. In Spagna e in Francia, in Italia e in Germania... aveva spesso fatto viaggiare le sue pitture e i suoi disegni, le sue acqueforti, le sue incisioni ormai introvabili.

 Portava per le vie del mondo la sua vena creativa, quella dimensione del sogno tra il magico e il metafisico che caratterizzava tutta la sua opera. Particolarmente attivo negli anni Settanta e Ottanta, ha vissuto la stagione della pittura colta con la sensibilità e il rigore dei maggiori pittori post-moderni. Fautore del mestiere, si è battuto in quel periodo per la promozione delle tecniche e dei metodi operativi tipici delle arti visive, spesso scontrandosi con gli improvvisatori di turno. Tagliente e deciso in tutte le sue espressioni, non sopportava il compromesso ne i mascheramenti. Condannava la stupidità e il pressappochismo, non ammetteva che il sistema delle arti visive fosse invaso da mestieranti di ogni genere.

 Come un poeta antico rimaneva ancorato ai valori dello spirito e al rigore delle tecniche. Come il suo pastore mitico suonava un flauto di verità non a tutti gradito ma di certo utile ancora oggi, all'umanità presente. Nei suoi aironi scattanti, nelle sue fanciulle in fiore, nei suoi velieri leggeri... c'è un testamento di alta poesia, un'eredità che parla di un viaggio, il viaggio dell'uomo verso l'infinito. Scomparso nella notte del 26 maggio 1998, il mondo dell'arte non lo ha dimenticato e ne reclama la presenza in un museo cittadino. Conosco il pensiero della famiglia e ne ho sperimentato la generosità; so della disponibilità a concedere agli enti locali alcune opere dell' artista che possano servire ad iniziare una collezione pubblica d' arte contemporanea. Tale obiettivo non può essere misconosciuto, anzi va favorito e prontamente attuato.

 

Paolo Giansiracusa assessore provinciale alla Cultura e presidente Apit Siracusa.  


 

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