Armando Tantillo

"una Pittura tra qiuete e furore"

di Corrado Di Pietro

 

Il vento, anima coeli, spirito e alito del creato, soffio di Dio; il vento che percuote e piega gli alberi, che fa dondolare siepi e arbusti, che espande le forme e i colori, il vento caldo e luminoso delle estati mediterranee vivifica la pittura di Armando Tantillo. Ora che, a distanza di due anni dalla morte, ne celebriamo il ricordo, ci accorgiamo della grave perdita che abbiamo avuto: dell' uomo e dell' artista.

Qual è dunque l'essenza della poetica di Tantillo? Cosa lo spinge a riconoscere nella campagna siciliana tutte le forme possibili della sua pittura e ad estrarre da essa i vividi colori che la caratterizzano?

Ho parlato del vento, ma il vento può essere simbolo di un inquieto stato d'animo, di una rabbia a stento contenuta, di un malessere esistenziale. L'idillio, che alcuni critici hanno ravvisato nelle tele di Tantillo, è fittizio, pretestuoso; la "serenità mediterranea" (per dirla con Paolo Giansiracusa) è solo intuita o data per scontato; in effetti succede qualcosa, in questa natura rappresentata, che sconvolge i piani narrativi e cromatici e rimette continuamente in discussione tutto quello che dovrebbe appartenere al realismo paesaggistico. Insomma non ci sono forme definite e oleografiche, nelle tele del pitture siracusano, ma sensazioni e stati d'animo fluttuanti che diventano colore e forme di una pittura sempre in bilico fra impressionismo ed espressionismo, con frequenti punte di surrealismo. E’ dunque una continua ricerca di ciò che la luce può illuminare nel variegato spettro cromatico del paesaggio; un'analisi emotiva che parte dal proprio animo e fa rispecchiare le proprie emozioni nei boschi, nei prati, nei laghi in cui tutto è mosso, è vibrante, è tremolante; un paesaggio che travalica i confini immediati di una lettura espressamente paesaggistica e diventa visione, sogno, fantasia, mito e utopia.

Tutto il resto è citazione, pretesto per esprimere se stesso attraverso la pittura. Ecco dunque le ampie distese dei colori caldi che diventano alberi, pietre, fogliame, ruscelli, viottoli; qualche volta si animano nei contorni di una figura, una ninfa o una fanciulla, qualche altra si stemperano in  segno ellittico che diventa un vortice cromatico.

Io vi ho trovato anche un accentuata drammaticità esistenziale, come se la quiete della campagna fosse sconvolta dagli elementi che in essa vivono e si dibattono; un dio furente gira fra questi cieli gravidi di tinte, esplodenti in un cromatismo frastagliato e variopinto. Il mito, al quale spesso si rimanda, non ha più ragione d'essere in un mondo che ha perduto tutta la poesia degli eroi e delle ninfe. Per questo Tantillo frantuma e fa esplodere i colori e ricerca disperatamente cromatismi sempre più estremi nella sua tavolozza (certi blu intensi rimandano all'inquieto mistero degli abissi marini, certi gialli sono talmente arricchiti da altre tinte che non sai più cosa siano diventati); per questo ho parlato di drammaticità.  Nella dialettica fra un mondo utopico e un mondo reale, fra evanescenza e forma si situa la poetica di Tantillo e si fa racconto di un mondo possibile ma difficile da raggiungere, di una realtà che perdendo i connotati della fisicità si stempera nell'incerta e nebulosa immagine di essa.

E su questa strada Tantillo continua la sua personale ricerca cromatica e contenutistica, fino a liberarsi da ogni citazione e sprigionare dal segno grafico tutta la potenza espressiva che lo contiene. Il vero Tantillo è proprio qui, nella libertà del segno ampio e sicuro, nella densità cromatica di una macchia che gira per la tela come un'ala d'angelo o si alza col vento verso un cielo che è diventato tutt'uno con la terra e con il mare.

E’ certo una pittura originale, facilmente distinguibile nel variegato e complesso panorama della pittura siciliana di questo scorcio di secolo; è un'arte in cui sono confluite varie esperienze pittoriche di grande fascino: dall'impressionismo al fauvismo; esperienze trasfigurate da una sensibilità sempre in lotta fra quiete e furore.

 

(fonte: I Siracusani - bimestrale di arte storia e tradizioni - anno v, n° 25, maggio-giugno 2000)

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