Armando Tantillo

L'istinto arcaico del segno

di Giovanbattista De Andreis

 

Chi ha qualche confidenza con la stampa all' acquaforte non ignora gli affanni che passano dal primo segno inciso sulla lastra all' ultimo in cui il primo foglio stampato lascia il torchio.

E’ una prova di pazienza, di umiltà, di sottomissione e ribellione.

Non si spiega altrimenti come artisti anche grandi, grandissimi, da Rembrandt a Picasso, sperimentassero un numero incredibile di prove prima di arrivare al "si stampi".

Incidere, ancor più di disegnare, è esercizio di pulitura mentale, metodo d'ubbidienza e disobbedienza, istinto arcaico del segno.

Incisori si nasce, e poi lo si diventa.

Qualcuno comincia a capire che l'incisione non è un' alternativa a un disegno ne tantomeno il tentativo di riprodurre un dipinto.

Gli ultimi anni sono stati sufficienti a restituire a questo genere d' arte quell' autonomia e nobiltà che da sempre gli compete, inventando anche un collezionismo moderno tra gli strati sociali meno addestrati. Si comincia a cercare, si desidera la qualità. Le piratesche incursioni di "maestri" plagiati a queste tecniche con fretta che soltanto la propria e altrui voracità possono giustificare, hanno lasciato più di un palato insoddisfatto, spalancando - oltre il dovuto - le porte a quella grafica internazionale, sopratutto francese, di cui le fantomatiche tirature di Dalì sono paradigma emblematico. Controvento a questo diluvio è nata una grafica giovane, qualificata, puntuale. 

Armando Tantillo - un incisore autentico di Magna Grecia - da anni si è procurato una invidiabile situazione nella tecnica dell'acquaforte, cui è approdato per via interiore d'accosto, scartando suggestioni di tecniche più facili e aggiornative.

La complessità della procedura "non deve" nuocere alla natura dell'incisione, che resta semplice e pura, attillata all'idea.

Iniziatore in Sicilia di un modo nuovo di fare acquaforte con il colore, Tantillo ha fatto sue quelle tensioni via via emergenti da quella grafica europea che la sua curiosità di volta in volta avvicinava. I suoi viaggi in Italia e al Nord ben testimoniano questa curiosità e ricerca di identità. Un suo foglio oggi può stare benissimo alla pari con quanto di meglio si stampa a Parigi o a Colonia.

Tantillo manovra una grafica quasi gestuale che accosta un naturalismo simbolico con riferimenti in Sutherland e Lam. Ciò che, senza nuocergli in autonomia, gli giova in ampiezza di respiro per i suoi incanti d'elegia. Quando il Mediterraneo la notte diventa gran mare nelle cui salite profonde tutto può accadere: affiorare d'impreviste isole cariche d'uccelli, antiche miniere d'alghe disperse all'urto di bestie volatili, mostri identificabili cui la costa lumeggiante offre margini non sempre rassicuranti.

Fortuna che il fiuto poetico è alto, e ciò che in artisti meno dotati può risolversi in sparpagliamento d'energie, Tantillo sa ricondurre, come il verso di Saffo "Espero che tutto riporti...", al suo corno elegiaco. Pochi incisori mi restituiscono lo stato di grazia di una anche piccola incisione di Tantillo, segno che la mano ha graffiato giusto, e oltre la mano il cuore.

 

dal catalogo mostra "ITALIA-TANTILLO - Grafica 1970-1980"
Museo Nazionale Di Palazzo Bellomo - Siracusa
10-18 aprile 1981

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